Il mezzo è il messaggio, e Zelensky, da allievo più o meno consapevole di Marshall McLuhan, lo ha capito bene. Tutta la sua forza comunicativa si riassume nel metodo prima che nel contenuto: sull'uso dei social e sul ricorso ad abiti da combattente, come la celebre maglietta verde, tanto si è detto. Forse non si è prestata altrettanta attenzione all'utilizzo di parole evocative e immaginifiche, capaci di far vedere e sentire cose, straordinariamente pop ed efficaci. Un lessico che suona come uno schiaffo sia contro Putin, di cui viene smontata e ribaltata la propaganda; sia nei confronti delle vaghe buone intenzioni dei parrucconi dell'Ue e dell'Onu e dei "vorrei ma non posso" della Nato; sia, da ultimo, contro l'ipocrisia dei pacifisti, da salotto e di sinistra.
Parole che diventano più forti se abbinate a scene, vero pugno nello stomaco, come quelle mostrate nel video Bloody Energy, pubblicato sul profilo Instagram di Zelensky, e ormai virale sui social. La guerra della comunicazione, comunque vada il conflitto sul campo, il presidente ucraino l'ha stravinta. Ecco perché non è ozioso stilare un glossario dei suoi termini più ricorrenti e più potenti a livello simbolico.
A di Armi, Armi, Armi. È quanto Zelensky chiede dall'inizio della guerra. La parola "armi", ripetuta come un mantra, è la migliore risposta alle parole vuote di chi sogna una pace solo come prodotto utopico di un accordo.
B di Bucha e Borodyanka. Alzi la mano chi avrebbe saputo collocarle sulla mappa geografica. Ora sono diventate, grazie alla denuncia che Zelensky ha fatto dinanzi al mondo, il simbolo dell'orrore bellico. E, a chi pensasse che Bucha fosse l'apice della mostruosità, Zelensky ha ricordato che all'orrore non c'è fine: «Borodyanka è ancora peggio di Bucha».
C di Chiudere l'Onu. Non si limita a chiedere un compromesso in sede Onu, ma ne invoca la chiusura. Le parole di Zelensky sono la denuncia dell'impotenza delle Nazioni Unite e Inutili. «Dove sono le garanzie che deve dare l'Onu per la pace?», ha chiesto. Finché la Russia avrà diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, ciò non sarà possibile. E allora «potete anche chiudere».
D di Disinformazione. Il miglior modo per fronteggiare Putin non è replicare alle sue tesi, ma screditarlo a monte, sostenendo che tutto quanto lui dice è disinformazione. «Sono grato a quei russi che stanno lottando contro la disinformazione», il grido di Zelensky.
E di Embargo sull'Energia. «Insisteremo per un embargo sull'esportazione del petrolio russo», avverte il presidente ucraino. Non chiede sanzioni limitate a qualche ambito, ma embargo totale. Soprattutto sull'energia. Ecco allora l'efficacia del video postato sul suo profilo in cui si evoca uno stop totale all'acquisto di carburante russo, con immagini alternate a quelle delle brutalità russe nei teatri di guerra. La morale è semplice: se continui a comprare petrolio da Putin, sei corresponsabile del massacro.
F di Fine. «Continueremo a combattere. Fino alla fine». L'appello alla resistenza a oltranza, al patriottismo disposto al sacrificio estremo. L'idea di cercare un'onorevole resa non rientra nel lessico e nell'immaginario di Zelensky.
G di Guernica. Ha paragonato Bucha a Guernica, con un doppio obiettivo. Sottolineare l'enormità del dramma e ribadire che il vero nazista è Putin, alla faccia della volontà dello Zar di «denazificare l'Ucraina».
H di Holodomor. Zelensky parla di «genocidio» a proposito della strage in corso, per paragonarla all'«Holomodor», cioè alla strage per fame causata da Stalin negli anni '30 in Ucraina, ma anche per ricordare al mondo che quelli di Putin sono crimini di guerra.
M di Muro. Si alza un nuovo muro di Berlino fra Ucraina ed Europa, dice Zelensky. «Questo muro è più forte, con ogni bomba che cade, con ogni decisione che non viene presa sebbene voi potreste aiutarci». Dietro il muro, c'è il senso di colpa europeo, tedesco in primis.
N di No Fly Zone. «Dateci la No Fly Zone», lo avrà ripetuto fino allo sfinimento, Zelensky. Poi ci ha rinunciato, sapendo di non poterla ottenere. No Fly Zone avrebbe significato guerra sul campo. Ma non accordarla è la dimostrazione che gli ucraini, questa è la verità, stanno combattendo da soli.
O di Olocausto. Parola ineffabile. «Il genocidio degli ucraini è un Olocausto». È un'esagerazione, tant' è che in Israele non l'hanno presa bene. Ma servono parole forti per indurre l'Occidente ad azioni forti.
P di Processo di Norimberga. Per i crimini di guerra di Putin, secondo Zelensky, occorre un processo, come quello per i gerarchi nazisti. Non basta il processo della storia, urge quello della giustizia.
Q di Quasi. «Mariupol è quasi distrutta». In quel quasi c'è la devastione non ultimata, ma anche il disperato appello a fare qualcosa per salvare ciò che ne rimane, prima della fine.
R di Restare. «La Russia non merita di restare tra i Paesi civili». Non è uno scontro tra Oriente e Occidente - è il senso - ma tra Civiltà e Barbarie.
S di Servitore del Popolo. Era il titolo della fiction comica da lui interpretata nel 2015. Ora la farsa si è fatta tragedia, con Zelensky protagonista, non più attore ma vero servitore del popolo.
T di Tardi. «Le sanzioni alla Russia? Grazie, ma arrivano tardi». Non bastano le sanzioni per pulirci la coscienza. Sono bombe, a scoppio ritardato.
U di Ucraina. Con Zelensky l'Ucraina si è incarnata in un volto e in un nome, è diventata la sua immagine e la sua immagine ha sintetizzato l'Ucraina.
V di Vittoria. «Oltre alla Vittoria il popolo ucraino non accetterà altro risultato». Ci sarà pace solo se ci sarà vittoria. Risposta a chi predica disfattismo e resa incondizionata.
Z come quelle dei carri armati russi. «Servono aerei e carri armati» per fronteggiare i mezzi cingolati russi con la Z. Alla Z strumentalizzata da Putin lui ha opposto, davanti al mondo, la Z di Zelensky.